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C’è chi li chiama ferretti, chi spaghetti, e in altri modi differenti a seconda delle zone d’Italia. Sono i “vermi delle patate” – elateridi il nome scientifico – che negli ultimi anni stanno colpendo sempre più pesantemente le coltivazioni nazionali. «In alcune zone di produzione l’infestazione sta crescendo in modo esponenziale, distruggendo i raccolti – racconta Augusto Di Silvio, presidente Unapa (Unione nazionale associazioni dei produttori di patate) – ad esempio nel bolognese l’anno scorso è stato perso circa il 30% del raccolto e quest’anno le perdite saranno maggiori».
Danni da acqua e parassiti
La diffusione degli elateridi è un grave danno che si aggiunge a quelli provocati dall’alluvione in Romagna (una delle più importanti zone di produzione) e più in generale all’effetto delle piogge copiose della primavera, che in alcune regioni hanno ritardato di molto le semine, influendo ora sulla qualità e quantità del raccolto.
I dati definitivi della campagna in corso si conosceranno solo a metà ottobre, ma Di Silvio non teme di sbilanciarsi stimando che quest’anno si potrebbe arrivare a perdere «dal 20 al 25% del raccolto, anche se fortunatamente la qualità sembra buona seppur con calibri più piccoli».
Già nel 2022, secondo Ismea, le patate comuni avevano perso poco meno del 5% della produzione e negli scorsi decenni l’Italia ha perso molti degli ettari dedicati a questa coltivazione. Di conseguenza è aumentata (e aumenterà) la parte del fabbisogno nazionale soddisfatto dall’import (+34%), che lo scorso anno ha pesato per circa un terzo sulla domanda dell’intera filiera. Per le sole patate fresche il deficit della bilancia commerciale è arrivato a -139 milioni di euro dai -84 nel 2015; per le patate trasformate invece si è passati da -289 milioni a -484.

Prezzi in crescita e domanda costante
A fronte dei problemi sul fronte dell’offerta, la domanda di patate sembra resistere anche davanti a rialzi dei prezzi superiori all’inflazione. Ad agosto i sacchetti di patate confezionate a peso fisso (quelle che generalmente si trovano nei supermercati) sono aumentati su base annua del 19% (dati NielsenIQ) a fronte di una quantità acquistata scesa di meno di un punto percentuale (368mila tonnellate per un valore di 478 milioni). E già nel 2022 l’indice dei prezzi all’origine calcolato da Ismea ha segnato un +22% a fronte però di un +32% registrato dall’indice dei mezzi di produzione.
[Fonte] RSS Feed da www.dissapore.com www.gustoblog.it www.ilsole24ore.com
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