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Da uno scritto medioevale: una stella intermittente si riaccenderà nel 2024

Nel 2024 (la data precisa non è ancora stata indicata) gli astronomi si aspettano che un oggetto del cielo chiamato T CrB, nella Corona Boreale, aumenti di luminosità per alcuni giorni per poi tornare al suo stato originale. Si trova nella nostra galassia ad una distanza compresa tra 2.600 e 3.130 anni luce da noi. T CrB è un sistema stellare costituito da due stelle, composto da una nana bianca di grande massa e da una gigante rossa. 

Il disco che cresce. Attorno alla nana bianca vi è un disco composto soprattutto da gas idrogeno che cresce giorno dopo giorno grazie alla “capacità” della nana bianca di strappare – per la sua elevata forza di gravità – materiale alla gigante rossa. Il disco d’accrescimento cade lentamente, spiraleggiando, verso la superficie della stella e periodicamente, circa ogni 80 anni, al raggiungimento di una massa critica, la repentina trasformazione in calore dell’energia cinetica del gas del disco, innesca una fusione nucleare dell’idrogeno che produce una grande luminosità per la stella, in un fenomeno che porta la stella stessa ad essere definita “nova”. 

Come facciamo a prevedere tutto ciò? T CrB sembra avere alle spalle una storia molto interessante. Era il 1217, infatti, quando un monaco tedesco, Abbott Burchard, osservò il cielo stellato verso sud-ovest e notò un astro, normalmente debole, che brillava con insolita intensità. Quella stella continuò ad essere particolarmente luminosa per circa una settimana. Burchard, all’epoca capo dell’Abbazia di Ursberg, la registrò nei suoi annali. “Fu visto un segno meraviglioso”, scrisse, aggiungendo che il misterioso oggetto nella costellazione della Corona Boreale “brillava di grande luce” per “molti giorni”. 

È lei! Ora, stando ad una ricerca disponibile su arXiv.org, l’astronomo Bradley E. Schaefer (della Louisiana State University) è giunto a sostenere che quella stella che “brillava” in modo così anomalo potrebbe essere proprio T CrB.

Se vi sarà conferma la scoperta sarà realmente di grande interesse perché il fenomeno è stato documentato scientificamente solo due volte in tempi molto vicini a noi: nel 1866 e nel 1946. Una terza osservazione, a dire il vero, fu fatta nel 1787 dal reverendo e astronomo Francis Wollaston, ma si tratta di una descrizione poco scientifica e non da tutti ritenuta valida. Prossimo appuntamento, si diceva, nel 2024. 

Altri astronomi si sono chiesti come si possa essere sicuri che Burchard abbia individuato T CrB e non qualche altro fenomeno celeste, come una supernova (una stella che esplode al termine della sua vita) o una cometa.

Non è una supernova. Schaefer ha escluso quasi subito la possibilità di una supernova, sostenendo che se Burchard avesse osservato un evento così violento, quest’ultimo avrebbe lasciato dietro sé resti che oggi sarebbero ancora ben visibili. Un esempio è la Nebulosa del Granchio, resto di una supernova esplosa circa 1.000 anni fa e che oggi è ancora visibile alla maggior parte dei telescopi, anche piccoli. 

Non è nemmeno una cometa. Ma nella Corona Boreale non vi sono resti di supernovae. Un’altra possibilità è quella che vorrebbe che il monaco abbia osservato una cometa, anche perché stando ad una cronaca del monastero di Santo Stefano in Grecia, all’inizio di quell’anno ne era visibile una. «La maggior parte dei monaci dell’epoca aveva familiarità con le comete e dunque è difficile che Burchard non abbia descritto la presenza di una coda e abbia commesso un simile errore», sostiene Schaefer.

Ora c’è grande attesa per il prossimo brillamento, quello del 2024, che dovrebbe avvenire verso fine anno. Nel frattempo, i ricercatori continueranno a scavare nei vecchi archivi per ricostruire la storia di T CrB, affinché una dettagliata cronologia possa permettere previsioni più accurate sul comportamento futuro della stella.

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