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Cambiano le rotte globali dell’import di cereali ma resta il deficit strutturale dell’Italia, nonostante il consistente recupero produttivo atteso quest’anno. «Il porto di Ravenna, principale punto di arrivo, per fortuna non è stato danneggiato dall’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna, a differenza delle campagne dove è stata compromessa parte della produzione regionale, ma questo non avrà nessun impatto sul regolare approvvigionamento del mercato», dice Carlo Licciardi, dal 2016 presidente di Anacer, l’associazione nazionale cerealisti che rappresenta i trader del settore con 20 milioni di tonnellate importate ogni anno e un giro d’affari di 9 miliardi.
Licciardi è direttore generale Europa, Medio Oriente e Nord Africa di Cofco International, multinazionale che movimenta 133 milioni di tonnellate di cereali con 48 miliardi di dollari ricavi annui, e tra i maggiori conoscitori del mercato delle commodity.
A essere cambiate, spiega, sono le rotte dei cereali nonostante il recente e difficoltoso rinnovo dell’accordo per l’export ucraino dal Mar Nero. «L’accordo sta funzionando abbastanza bene, il transito delle navi procede regolarmente anche se i quantitativi esportati via mare sono inferiori a quelli ai quali eravamo abituati. Anche l’Ucraina nel frattempo ha trovato alternative alla logistica tradizionale: una tramite il porto di Costanza; altre via terra con i treni verso il Baltico e i porti del Nord Europa, cambiando così le rotte storiche verso l’Europa occidentale ma con costi aggiuntivi rispetto alle spedizioni tradizionali dal Mar Nero».
Una dinamica sulla quale ha influito anche il blocco dell’import deciso dai cinque Paesi Ue limitrofi (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania), oggetto di forti contestazioni a Bruxelles che ha portato al compromesso per consentire il “solo transito” verso altre destinazioni. «Una soluzione della quale sta beneficiando l’Italia – spiega il presidente Anacer – con più grano e mais che arriva via treno e camion sul mercato nazionale».
Il crollo dei prezzi, dice Licciardi, è dovuto ai fondamentali del mercato con la ripresa produttiva dopo la siccità dello scorso anno. «Il mercato ritrova sempre il suo equilibrio: la dimostrazione sono i prezzi in calo per tutte le principali commodity dopo i massimi di inizio anno. Negli ultimi due mesi grano tenero e del mais sono crollati del 40%, anche in virtù dell’inflazione che ha fatto calare i consumi. Il mercato ha fatto il suo lavoro».
[Fonte] RSS Feed da www.dissapore.com www.gustoblog.it www.ilsole24ore.com
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