Con lei un altro soffitto di cristallo è stato sfondato. Ingegnere, Donatella Sciuto, classe 1962, a soli 22 vinse il premio di più giovane laureata in quel Politecnico di Milano, dove ora fa la rettrice, prima donna alla guida dell’Ateneo lombardo. «Purtroppo, sono ancora poche le donne che scelgono percorsi di studio e di carriera nelle materie tecniche e scientifiche. Ma personalmente, credo che i tempi siano maturi. Alle ragazze dico di osare. L’ingegneria è tutto tranne che arida e la scienza ha infinite possibilità…».
Che cosa l’ha aiutata a diventare chi è?
«La voglia di scoprire, di imparare e di comprendere… la curiosità. Questa è la dote del ricercatore, la naturale propensione a spingersi oltre il limite, la tendenza a mettersi alla prova, attraverso tentativi ed errori… Da bambina volevo essere una sportiva. Poi ho scelto ingegneria: volevo capire “come funzionano le cose”. Con mio padre, ingegnere, costruivo oggetti di ogni tipo. All’inizio il Politecnico fu complicato. Poi conobbi degli studenti che si divertivano in laboratorio, saldavano chip, scrivevano programmi. E da lì è iniziata la mia avventura con l’elettronica e l’informatica».
Chi è la sua eroina? Una persona che più di tutte vorrebbe incontrare e che la
ispira…
«Un’eroina è certamente Amalia Ercoli Finzi, la “signora delle comete”, la prima donna a laurearsi in Ingegneria Aeronautica e proprio al Politecnico di Milano. Una forza della natura . Una scienziata di livello internazionale, una persona brillante e una mamma instancabile che non ha rinunciato alla famiglia. Con lei ho condiviso tante iniziative rivolte alle ragazze, per sensibilizzarle alle STEM. Chi vorrei incontrare? Non penso a una persona in particolare, ma spesso rifletto sulla tenacia delle tante ragazze scese in piazza in Iran, per difendere i propri diritti. A quella delle giovani donne afgane alle quale viene negata l’istruzione e l’accesso all’università. La loro resistenza è eroica…».
Quale pregiudizio ha dovuto rompere e quale pregiudizio fatica a sparire?
«Rompere, nessuno. Combattere, qualcuno. Non solo quello di genere, il fatto di essere donna in contesti a prevalenza maschili, ma anche quello di aver raggiunto alcuni traguardi con anticipo. Mi sono laureata prima del tempo, a 22 anni. Sono stata una ricercatrice e una docente molto più giovane della media. In molti mi hanno detto: “Hai tempo…”. Fossi stata un uomo forse non l’avrebbero fatto. Mi avrebbero semplicemente incoraggiata. “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, parola di Albert Einstein. Questo però non vuol dire smettere di provarci…».
Il consiglio più prezioso che le è stato dato e che vorrebbe passare?
«Il consiglio che mi sento di dare, per primi, ai tanti studenti e alle tante studentesse della mia università è quello di crescere nel confronto. Credo che la diversità sia un valore. A loro, e in generale ai ragazzi e alle ragazze, consiglio di non cedere alle scorciatoie, non portano mai lontano, o alle lusinghe. Ho sempre lavorato sodo, nello studio e nella professione. Credetemi, la determinazione e l’impegno sono grandi compagni di viaggio».
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