Grazie anche e soprattutto alla serie TV che è stata esportata in tutto il mondo, Gomorra ha avuto un successo incredibile, spingendosi oltre il romanzo e il film. Ciò che mancava all’appello era proprio un videogioco e, a porre rimedio a tale carenza, ci hanno pensato gli italiani di 34BigThings e Sandbox (qui la nostra intervista agli sviluppatori di Gomorra), che si sono occupati rispettivamente della pubblicazione e della realizzazione di questa visual novel ambientata nel mondo criminale di cui si parla nelle opere di Roberto Saviano. Dopo esserci immersi in questo contesto malfamato e aver compiuto scelte difficili, siamo pronti a parlarvi nel dettaglio di Gomorra.
Sul trono all’improvviso
Al centro delle vicende narrate in Gomorra (o Gomorrah, come viene chiamato il titolo in altri paesi del mondo) troviamo la giovanissima Nina Miniero, figlia di un boss napoletano di spicco della criminalità organizzata. Malgrado l’estraneità della ragazza al mondo della camorra, una serie di vicissitudini fa sì che Nina si ritrovi in una situazione di grave pericolo e con addosso un importante fardello: ricoprire il ruolo del “capo”.

Sebbene vi siano alcuni parallelismi fra la storia di Nina Miniero e Genny Savastano, entrambi ‘figli di papà’ che si ritrovano a dover gestire un impero criminale, i percorsi intrapresi dai due aspiranti boss prendono strade differenti. È bene precisare che quanta distanza vi sia fra il protagonista della serie e Nina dipende soprattutto dalle scelte compiute dal giocatore nel corso della narrazione, visto che il titolo 34BigThings e Sandbox implementa ben otto diversi finali che differiscono tra loro in maniera più o meno sostanziale.
Il team di sviluppo ha deciso di raccontare questa storia con lo stile di una visual novel. Per chi non fosse avvezzo al genere, si tratta di un’avventura prettamente testuale, accompagnata da una serie di illustrazioni che aiutano il giocatore a immedesimarsi nell’azione.


Parlare di azione non è affatto sbagliato, perché Gomorra riesce a mettere l’utente in frangenti concitati, in cui però tutto viene vissuto da una prospettiva diversa e gli sviluppi sono legati alla selezione di una delle opzioni disponibili. In linea di massima, le situazioni proposte durante la storia sono tutte interessanti e non manca qualche emozionante colpo di scena in grado di stupire il giocatore. Abbiamo apprezzato anche l’utilizzo costante dei flashback, che sono essenziali per una perfetta comprensione dei rapporti fra i vari personaggi, oltre che per avere un quadro più preciso della trama. L’unico appunto riguarda l’utilizzo delle frasi in napoletano, poco credibili per chiunque conosca la lingua partenopea: c’è da dire però che questa scelta è in parte giustificata dalla volontà di rendere il prodotto fruibile a chiunque e la presenza di un dialetto fedele all’originale avrebbe generato non pochi problemi.
A nostro avviso, la criticità più grande della produzione italiana è da ricercarsi nella sua componente gestionale, che abbiamo trovato del tutto accessoria: la sua assenza avrebbe reso l’esperienza più piacevole e scorrevole. A un certo punto della trama verremo chiamati con regolarità a spedire in missione i nostri sgherri sfruttando un sistema che ricorda molto quello visto negli Assassin’s Creed dell’era Ezio: ogni incarico ha dei requisiti e un costo in risorse, con tanto di percentuale di successo che varia in base al criminale utilizzato.
Questi intermezzi finiscono con lo spezzare un po’ il ritmo della progressione ma forse il vero elemento non troppo a fuoco riguarda proprio la presenza delle risorse, che peraltro giocano un ruolo centrale in buona parte dell’intreccio narrativo.


Per quanto si possa decidere di ignorare tutto ciò che riguarda le meccaniche di gestione del clan, occorre comunque evitare che i tre valori giungano a zero. Ciascuna delle scelte proposte non solo avrà un impatto sulla trama, ma al fianco dell’opzione troveremo un’icona che ci mostrerà le conseguenze di tale decisione sulle risorse in nostro possesso.
In altre parole, in diverse situazioni la necessità di dover gestire le risorse ci chiamerà ad agire necessariamente in un determinato modo, pur senza volerlo fare. Se a ciò aggiungiamo l’interfaccia a tratti confusionaria e la resposività rivedibile dei comandi, i motivi che ci spingono a ritenere questa componente la meno interessante del pacchetto si fanno evidenti.
Interfaccia ed illustrazioni
A non supportare adeguatamente la trama di Gomorra troviamo anche le illustrazioni, che vengono proposte in dimensioni ridotte e in un formato insolito, dal momento che occupano una porzione irrisoria dell’immagine. Abbiamo notato anche una ripetitività dei disegni, con le schermate iniziali dei vari capitoli che presentano figure spesso identiche fra loro e, talvolta, completamente slegate rispetto a ciò che vedremo all’interno di quella fase della storia.

Lo stile delle illustrazioni, tutte in bianco e nero, è alle volte efficace e alle volte no, soprattutto se pensiamo ai primi piani dei personaggi, disegnati sicuramente in modo peculiare ma talvolta un po’ dissonanti con le atmosfere e i toni del racconto. Il bianco e il nero, insieme al giallo, sono i colori dominanti dell’interfaccia, accompagnata da un font anonimo, elemento non di poco conto se consideriamo che la quasi totalità dell’esperienza consiste nella lettura.

Al termine della nostra prima run, il contatore di Steam relativo al tempo trascorso in gioco segnava 1,4 ore: questo significa che serve poco più di un’ora e mezza per giungere ai titoli di coda, ovviamente con le dovute differenze legate alle scelte e alla componente gestionale. Conclusa l’avventura, non esiste alcun modo per rigiocare i singoli capitoli o per accedere a una qualche schermata atta a evidenziare i bivi della trama, così da avviare una seconda partita con maggiore consapevolezza e scoprire tutti gli otto finali.
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