Le autorità sanitarie europee hanno espresso il loro verdetto: il rischio per gli umani di ammalarsi di influenza aviaria “rimane basso”.
La grande incognita che negli ultimi tempi ha accompagnato ogni notizia sull’influenza aviaria riguarda i potenziali rischi per l’uomo. Prima di buttarci in allarmismi più o meno giustificati è bene ricordare qualche piccola regola: prima cosa, stiamo affrontando la peggiore epidemia di aviaria di sempre. Ne consegue che sì, è normale (per quanto spiacevole) che si stiano registrando casi anche negli esseri umani (talvolta letali, come accaduto in Cambogia). Allo stesso tempo, le crescenti positività riscontrate nei mammiferi – puzzole, leoni marini e volpi i casi più recenti – alimentano i timori della comunità scientifica (e non solo): non è che ‘sto virus decide di cominciare a contagiare pure gli umani con maggiore frequenza?
Influenza aviaria: il rischio per gli umani e lo scenario pandemia
Riportiamo l’ultimo rapporto sul tema dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e il laboratorio di riferimento dell’Ue (Eurl): il rischio per gli umani di contrarre l’influenza aviaria “rimane basso“. La cronaca racconta di diversi casi nei Paesi esterni al blocco dell’Unione europea, ma le autorità sanitarie assicurano: si tratta di infezioni “correlate a persone esposte a pollame malato e morto, che non indossavano dispositivi di protezione individuale, in particolare negli allevamenti da cortile”.
Il che naturalmente significa che se per lavoro o per altri motivi vi dovesse capitare di entrare in contatto con uccelli (e a sto punto pure mammiferi) morti e potenzialmente infetti è cosa buona e giusta allontanarsi a passi lunghi e ben distesi e contattare quanto prima le autorità sanitarie locali.
Ora, ammesso che in Europa il rischio rimane basso, questo non significa che sia tutto rose e fiori: l’Efsa ha segnalato una mortalità anormale nei gabbiani in Italia, Francia, Belgio e Paesi Bassi; e concluso che il rischio di infezione nei prossimi mesi potrebbe aumentare “con la diffusione dei gabbiani nell’entroterra, che potrebbe sovrapporsi alle aree di produzione del pollame”.
Occhio ai gabbiani, in altre parole. E il discorso pandemia, che ormai pare andare tanto di moda ? Il verdetto della comunità scientifica è unanime: il rischio è assolutamente remoto – il virus dovrebbe andare incontro a una serie di lunghe mutazioni per riuscire a sviluppare la capacità di saltare da un essere umano a un altro -, ma comunque esistente. Addirittura, prima che il Covid si abbattesse sulle nostre vite, l’influenza aviaria era in cima alla lista delle preoccupazioni degli scienziati: “Si teme che abbia un potenziale pandemico”, aveva affermato Wendy Blay Puryear, virologa molecolare presso la Tufts University nel Massachusetts (Usa) in un’intervista al The Guardian.
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