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Francia, siccità. Il lago artificiale di Montbel è già senz’acqua. E non ha neanche 50 anni

Un lago a secco o quasi. Un invaso artificiale creato nemmeno 50 anni fa, e in breve tempo diventato celebre per la sua aura imponente, le sue acque turchesi, la sua rigogliosa fauna ittica. Una cartolina di paesaggio lacustre ideale, che oggi, nell’inverno che in Francia – ma non solo – viene definito il più secco degli ultimi 64 anni – si presenta come una terra desolata e fangosa, con pozzanghere d’acqua che si manifestano qua e là e decine di barche incagliate sui banchi di terra che normalmente sarebbero il fondale.

Come sta accadendo in Italia e nella maggior parte del Vecchio Continente, la Francia è stretta dalla morsa di un inverno (di un autunno-inverno) particolarmente siccitoso, tale da accrescere le preoccupazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento idrico dell’immediato futuro.

A febbraio, ad esempio, il dipartimento occitano dell’Ariège, dove il lago si trova, poco più di cento chilometri a Sud di Tolosa, poco meno a Nord di Andorra e del confine spagnolo, lamenta un ammanco di precipitazioni dell’80 per cento rispetto ai valori medi. “Siamo al momento intorno al 25 per cento del riempimento massimo dell’invaso. Normalmente, in questo periodo dell’anno, siamo al 60 per cento – racconta Xavier Rouja, che gestisce la diga.

Francia. Il Lago di Montbel è a secco. Turismo e pesca a rischio

Esteso su 570 ettari, capace di una sessantina di milioni di metri cubi d’acqua, il Lac de Montbel è stato creato – a testimoniare quanto i cambiamenti climatici non solo sussistano e non siano un’invenzione, ma siano rapidi – soltanto 50 anni fa, tra il 1982 e il 1985, allagando quella che era un’area di foresta.

Creato inizialmente come riserva d’acqua per l’irrigazione delle colture circostanti, ha ben presto visto nascere nella sua area campeggi e percorsi trekking, il tutto capace di attrarre migliaia di turisti all’anno.

E non solo. Claude Carrière, istruttore di vela locale, attraversa l’area ormai prosciugata, dove albergano le barche a vela incagliate ormai a diversi metri dall’acqua. Il suo club ha dovuto cancellare diverse regate competitive da gennaio. “Abbiamo un magnifico specchio d’acqua, quando è pieno. Favoloso, un eden di pace, divertimento e relax – racconta all’agenzia di stampa Reuters -. Visto così come appare ora, sembra semmai un deserto fangoso. Una visione che ci spezza il cuore”.

Il club velico è già alla ricerca di una via per diversificare le proprie attività, in prospettiva delle siccità che rischiano di presentarsi sempre più numerose nel futuro.

Su un altro fronte, gli agricoltori mostrano preoccupazioni analoghe, in vista della primavera e dell’estate.

ll Lac de Montbel in condizioni ideali

ll Lac de Montbel in condizioni ideali 

“Il lago, di fatto, è garanzia di introito. Se domani dovessimo arrangiarci senza quest’acqua, molte delle nostre aziende agricole rischiano di collassare e svanire – racconta il presidente dell’associazione regionale degli agricoltori, Chirstophe Mascarenc

Mascarenc sta già usando le acque del vicino fiume Ariège, ma ciononostante sa già che, quest’anno, sarà costretto a tagliare del 50-60 per cento la sua produzione di granoturco. Altri produttori si sono già riconvertiti verso coltivazioni meno acqua-dipendenti, come il sorgo, i girasoli e i mandarini.

Le autorità locali stanno studiando un progetto per deviare il corso di un altro fiume, il Touyre, in modo che possa alimentare il Lac del Montbel, facilitandone il riempimento. Un’idea che però ha incontrato l’opposizione dei gruppi ambientalisti locali.

Il direttore della delegazione interdipartimentale dei fiumi dell’Alta Garonna mette in guardia sulla prospettiva che – con l’intensificazione degli effetti del riscaldamento globale – le stagioni calde e secche saranno sempre più frequenti. “Il Lac de Montbel e il suo attuale deficit di disponibilità d’acqua, ben lontano dal livello ideale, rispetto al periodo dell’anno sono un caso emblematico – spiega Franck Solacroup -. Nel 2022 abbiamo avuto condizioni che saranno la norma nel 2050.  È qualcosa a cui dovremo fare l’abitudine e adattarci”

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