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Torna il grande ciclismo con la Sanremo: chi potrà insidiare il dominio sloveno?

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Questo sabato 18 marzo si corre la Milano-Sanremo, è la 114 edizione. La prima con partenza da Abbiategrasso alle 9.45. Perché questo cambiamento non è ben chiaro. Probabilmente tra Comune di Milano e Gazzetta dello sport , organizzatrice con Rcs Sport della Classicissima, qualcosa non ha funzionato. Certo, suona strano. Non per fare i passatisti, o che ci siano delle riserve su Abbiategrasso, ma insomma se si chiama Milano-Sanremo un motivo ci sarà…

La prima volta più di un secolo fa

Come direbbe Paolo Conte, quanta strada sotto i sandali. La prima volta fu più di un secolo fa, il 14 aprile 1907, in un’alba fredda e scura che vide i 33 iscritti partire alle 5.17 sotto una pioggia battente dall’osteria delle Conca Fallata, un variopinto locale alle porte di Milano lungo il Naviglio Pavese che faceva da ritrovo a certi ceffi, con baffoni a manubrio e occhialoni da minatore, che erano appassionati del velocipede, marchingegno sempre più in voga in quegli anni di forte progresso meccanico e tecnologico.

Sono anni di gran fermento, in cui sta crescendo una borghesia più dinamica, soprattutto in quel triangolo del Nord tra Lombardia, Piemonte e Liguria, già caratterizzato da un forte sviluppo agricolo e industriale. Non tutto andava bene: operai e contadini alzavano la testa chiedendo ad agrari e industriali di poter uscire da una miseria secolare mentre Giolitti stava avviando alcune riforme a favore dei lavoratori, come la previdenza e il riposto festivo. Ma si respirava anche l’aria gioiosa della Belle Epoque. Chi poteva permetterselo, naturalmente. Tutta la Liguria, ma in particolare Sanremo, era l’approdo di una nobiltà gaudente che amava svernare al sole, pensando che la vita sarebbe stata per sempre un lungo e spensierato ballo in maschera. Figure leggendarie come la Principessa Sissi e la Zarina Maria Alekdrovna. Il Kaiser Federico Guglielmo Terzo e il sultano di Costantinopoli, Abdul Hamid. Bella gente, habitué come il grande compositore Richard Wagner, che non disdegnava una visita al Casinò di Sanremo, da poco aperto. Il rombo dei cannoni della Grande Guerra era ancora lontano. E così c’era anche il tempo e la voglia di trovare nuove attrazioni.

La Milano-Sanremo, nata da un precedente raid automobilistico finito in un fiasco, fu il banco di prova di uno sport che scalpitava per allargare i suoi confini. Fu la Gazzetta dello Sport, sotto la spinta del direttore Emilio Costamagna, a lanciarsi nell’avventura di unire la grande capitale dell’industria con la città dei fiori e dei soggiorni di lusso. Come andò a finire quella prima edizione ormai lo sanno tutti: vince il favorito, il francese Petit Breton, chiamato così perché era appunto piccolo di statura e nativo della Bretagna. Il successo di Breton, va detto, fu favorito da un patto sciagurato con il nostro Giovanni Gerbi, meglio conosciuto come Diavolo Rosso, per la sua ferocia agonistica e perché a un Giro del Piemonte, nella foga di correre al traguardo, era finito in mezzo a un funerale seminando il terrore nel corteo. “Cullè u è er diavo!! gli gridarono dietro alcuni fedeli facendo il segno della croce. E da allora, per via anche di un maglione vermiglio che era la sua divisa, diventò per tutti il Diavolo Rosso.

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Breton e Gerbi

Un Diavolo che però sapeva fare bene i suoi conti. E siccome il Bretone gli promise un cifra superiore allo stesso premio della corsa, Gerbi, nativo di Asti, preferì allora aiutare il francese per andare sul sicuro. Erano altri tempi, si correva per passione ma soprattutto per denaro. Molti di questi appassionati erano muratori, contadini, operai, poveri di soldi ma non di spirito. Che arrotondavano, pedalando, il magro salario. A volte intascavano un premio in denaro, altre volte prosciutti, capretti e formaggi per far contente mogli e fidanzate. Lo stesso Petit Breton, che vinse la prima Sanremo dopo 11 ore 4 minuti e 15 secondi impiegati a percorrere 288 km, era uno spazzacamino che poi morì nel 1917 sul fronte delle Ardenne. Era un tipo perfetto per l’epoca: tubolari a tracolla e maglione girocollo anche in estate. Un grande, Breton, che vinse anche due Tour de France consecutivi nel 1907 e nel 1908.

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