In aggiunta al PC e alle console dell’attuale generazione, Resident Evil 4 vedrà la luce anche su PlayStation 4, per la gioia di tutti i patiti della serie che possiedono la piattaforma. Ci siamo quindi chiesti come potesse girare il nuovo gioco in RE Engine sulla macchina del 2013, ecco perché siamo tornati al villaggio di questa specifica versione dopo aver provato la versione PS5 (ecco la recensione di Resident Evil 4 Remake). Dalla nostra prova, chiaramente, sono emersi i limiti visivi di quella che di certo è una produzione che guarda al presente del gaming, ma che al contempo – per merito della sua direzione artistica – è riuscita a difendersi dignitosamente su PS4.
Ambientazioni da incubo
Per prima cosa, ci sembra doveroso cominciare dai tempi di caricamento. Dalla schermata di selezione della difficoltà, fino al principio dell’avventura c’è una finestra di circa 35 secondi, mentre siamo attorno ai 15 se ci si ritrova a dover caricare la partita dopo una morte prematura del protagonista.


Fatta questa premessa, le luci e le ombre del comparto grafico caratterizzano ogni momento dell’indagine di Kennedy e anzi emergono addirittura prima del suo inizio, in una cutscene che ci mostra volti semplificati e porzioni della scena poco definite. A causa della bassa risoluzione, l’immagine appare a tratti impastata e anche l’illuminazione notturna in esterni ottiene risultati altalenanti, a seconda della sezione presa in esame. In compenso però, le sorgenti di luce negli interni, si pensi ad esempio alla casa del cacciatore, toccano con sufficiente naturalezza le superfici e producono un effetto gradevole, e lo stesso vale quando l’agente decide di accendere la propria torcia per proseguire l’esplorazione negli ambienti più bui.
Apprezzabili sono poi i fasci lunari che filtrano dalla finestra, che contribuiscono ad arricchire l’atmosfera. Assieme alla vegetazione non interattiva, gli sviluppatori hanno preservato risorse computazionali riducendo pesantemente la qualità delle texture, pensiamo ad esempio ai muri, alle serrature e a elementi del mobilio. Ciò resta ben evidente anche durante i filmati, che tolti i modelli dei personaggi principali e di particolari oggetti, devono necessariamente scendere a compromessi nel raccontare gli sviluppi di trama.

La complessità della pelle di protagonista e comprimari, i cui volti restano finemente riprodotti, è buona, al pari ad esempio di altri tratti caratteristici, come i vestiti. La giacca di Leon, con tutti i segni di usura annessi, è molto convincente a vedersi, complice anche la cura minuziosa riposta nella realizzazione della pelliccia.
Ad ogni modo, quando è il dettaglio delle singole componenti costitutive dell’immagine a mancare, la direzione artistica riesce a salvare la situazione e a spingere l’occhio a non soffermarsi sui limiti della draw distance, sulle pareti rocciose semplificate e via discorrendo.
Dal villaggio – soprattutto in determinati orari – fino alle valli colpite dal vento, piene di strutture in legno dei Ganados, e ovviamente al castello del folle Salazar, il RE Engine ha donato nuova linfa vitale a quelle che restano ambientazioni iconiche, tutte da ammirare e pregne di un’aura spettrale, che ne impreziosisce il macabro fascino.
Faccia a faccia con l’orrore
Sebbene in genere viaggi a più dei 30 fotogrammi al secondo, il frame rate di Resident Evil 4 non riesce a raggiungere mai lo standard dei 60 fps e non è esente da oscillazioni, a volte più vistose d’altre.

In altre parole, aspettarsi un livello di fluidità stabile per tutta l’avventura è irrealistico ma, accettato questo, potersi confrontare con i Ganados e le altre mostruosità tra le fila degli Illuminados resta soddisfacente, per merito di un’effettistica e di un gore system che da diversi anni rientrano tra i meriti più evidenti del RE Engine. Colpire un nemico con raffiche di mitraglietta significherà ridurlo a un colabrodo, mentre falciarlo col fucile a pompa lo vedrà perdere testa, arti o addirittura parte del torace, a seconda del punto di impatto. Di pregio sono anche le esplosioni delle granate e dei classici fusti rossi, proprio come delle specifiche scene di distruzione nel corso dell’avventura. Pensiamo, per dirne una, al crollo della torre nel villaggio, che rovinando al suolo in un mare di detriti precede l’arrivo di altri schiavi delle Plagas. Battagliare contro i cultisti nel salone centrale del castello, illuminato flebilmente dalle candele e in cui è possibile godersi il convincente effetto nebbia, resta impagabile, proprio come il dover affrontare energumeni ben riconoscibili, talvolta torreggianti e rumorosi.
A proposito di audio, dalla sonorizzazione delle armi fino ai brani che accompagnano alcuni momenti decisivi del viaggio di Leon, Resident Evil 4 è coinvolgente anche sulla precedente macchina di casa Sony, un discorso questo che si rafforza se si chiamano in causa i rumori ambientali e le terribili preghiere sottovoce degli adepti degli Illuminados.
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