
Nei film di fantascienza è un classico: i protagonisti viaggiano in animazione sospesa fino a quando arrivano a Pandora (nel primo Avatar) o un segnale di soccorso li sveglia e li attira verso un bruttissimo incontro (nel primo Alien). Ma l’ibernazione è realmente studiata dalle agenzie spaziali per applicazioni nei futuri lunghi viaggi nello spazio. Le ricerche degli ultimi anni, infatti, suggeriscono che l’ibernazione umana sia una possibilità reale, benché lontana.
Spiega Matteo Cerri, docente di fisiologia all’Università di Bologna e membro del Topical Team Hibernation dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), che studia questo tema: «Nel torpore non si mangia, non si beve e non si producono scarti: ciò avrebbe il vantaggio di ridurre la necessità di portare cibo . Le navicelle potrebbero essere più piccole. E sarebbe anche un modo per ridurre il tempo di convivenza in spazi isolati, cosa che può dare stress psicologico. Ma il principale vantaggio dell’ibernazione sarebbe la protezione dai raggi cosmici (particelle ad alta energia) nello spazio, dove non si è più schermati dal campo magnetico terrestre. Si è visto che nel torpore si è protetti dal danno biologico che causano. Inoltre, si potrebbe beneficiare anche di uno schermo fisico contro queste particelle: uno strato d’acqua che avvolgerebbe la capsula in cui si è in ibernazione».
Che cos’è l’ibernazione? Tanto per cominicare è una condizione che non ha nulla a che vedere con il sonno (e nemmeno con la crioconservazione, il congelamento del corpo con cui a volte è confusa). Continua Matteo Cerri:. «Il letargo o ibernazione è una sequenza di episodi di torpore, ovvero uno stato in cui il metabolismo si riduce. Va al minimo l’attività delle centrali energetiche delle cellule e la produzione di calore, dunque la temperatura corporea cala. Serve poco ossigeno, il respiro e il battito del cuore rallentano. Gli organi cambiano il loro funzionamento. L’intestino si ferma, visto che in letargo non si mangia e non si producono rifiuti corporei. E il cervello si sconnette: una parte delle sinapsi (i collegamenti tra i neuroni) si ritira. L’attività cerebrale è definita veglia lenta ed è del tutto diversa da quella del sonno, in cui il cervello continua a consumare molta energia».
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