Già nelle sue prime Considerazioni finali da governatore della Banca d’Italia, ormai quindici anni fa, Draghi aveva voluto sottolineare il dramma dei quindicenni italiani che rimanevano indietro in matematica rispetto ai loro coetanei europei. L’importanza dell’istruzione è un filo rosso che l’ex presidente della Bce non ha mai abbandonato.
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L’Europa stava appena riemergendo dall’abisso della “più grande distruzione economica mai vista in periodo di pace”, la crisi economica e finanziaria degli anni ’10, quando la pandemia l’ha precipitata in un buco ancora più profondo, che “minaccia non solo l’economia, ma anche il tessuto della nostra società”, che “diffonde incertezza, penalizza l’occupazione, paralizza i consumi e gli investimenti”. Il ritorno a una crescita “che rispetti l’ambiente e non umili le persone è un imperativo assoluto”, per Draghi. Ma “una vera ripresa dei consumi e degli investimenti si avrà solo col dissolversi dell’incertezza che oggi osserviamo e con politiche economiche che siano allo stesso tempo efficaci nell’assicurare il sostegno delle famiglie e delle imprese credibili, perché sostenibili nel tempo”.
Finché non si troverà un rimedio all’epidemia dobbiamo adattarci; e “dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento”. Di più – e Draghi echeggia la famosa esortazione rooseveltiana a non farsi attanagliare dalla paura: “finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di essere noi a controllarla. Perderemmo la strada”.
Sarà “buono” se “sostenibile se utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca”. Sarà debito “cattivo” se utilizzato “per fini improduttivi”. I bassi tassi di interesse “non sono di per sé una garanzia di sostenibilità: la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. Quanto più questa percezione si deteriora tanto più incerto diviene in quadro di riferimento con effetti sull’occupazione, l’investimento e i consumi”.
Tuttavia, è anzitutto la traiettoria interrotta della scuola, dell’università, dell’istruzione e della formazione angosciano Draghi, l’economista che studiò negli Stati Uniti ed ebbe il privilegio di cinque premi Nobel come professori. Anche perché non è chiaro se il virus ci consentirà mai di tornare a una vita normale, alla vita cui eravamo abituati prima dello scoppio della peste del nuovo secolo. “La situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e risorse finanziarie” nell’istruzione, ammonisce. Anche per una ragione morale: saranno i giovani a ereditare la nostra montagna di debiti, ereditata da decenni di scelte scriteriate, ingigantite dalla pandemia. “Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.
Quanto al Recovery Fund e al Bilancio pluriennale, insomma agli importanti accordi raggiunti a luglio, Draghi non entra nel merito. Ma osserva che se il negoziato ha rischiato di spaccare nuovamente il continente, l’Europa ne può uscire comunque “rafforzata”. E l’azione dei governi poggia “su un terreno reso solido dalla politica monetaria”. Le decisioni prese di recente, secondo Draghi, “sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un ministero del Tesoro comunitario”. Dopo decenni di prevalenza dell’intergovernativo, l’economista italiano vede la Commissione tornata “al centro dell’azione”. Un sollievo, per Draghi: “non dobbiamo dimenticare le circostanze che sono state all’origine di questo passo avanti per l’Europa: la solidarietà che sarebbe dovuta essere spontanea, è stata frutto di negoziati”. Ma è anche vero che il passo in avanti “dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche”. Allora “non si potrà più, come sostenuto da taluni, dire che i mutamenti avvenuti a causa della pandemia sono temporanei”.
La filosofia dei prossimi mesi e anni, secondo l’ex presidente della Bce, dovrà essere improntata alla famosa preghiera di Reinhold Niebuhr a Dio, perché gli desse “la serenità per accettare le cose non può cambiare, il coraggio di cambiare quelle che può cambiare e la saggezza di capire la differenza”.
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